martedì 24 novembre 2015

Il Sacrario di Redipuglia


Buongiorno a tutti! 
Questo è il testo della tesina che ho portato al Corso  di Storia dell'Architettura Contemporanea del prof. Nicoloso.

Nel 1927 il governo fascista decise di affrontare in modo preciso e definitivo il problema di dare una sepoltura adeguata agli innumerevoli caduti della prima guerra mondiale fino a quel momento seppelliti in cimiteri provvisori1 presso i campi di battaglia. Così nominò il generale Faracovi “commissario straordinario per le onoranze ai caduti in guerra” che realizzò un “piano per la sistemazione delle salme dei caduti in territorio estero e italiano”. Esso prevedeva la realizzazione di ossari militari presso i principali fronti della Grande Guerra2 in quanto era la soluzione migliore per contenere i costi e per garantire che le architetture fossero “espressione del sentimento, del prestigio, della Civiltà e della dignità della Nazione”. Inoltre consentivano “l'individualità”, poiché ciascun soldato avrebbe avuto il proprio loculo, “la perpetuità”, dato che la costruzione avrebbe conservato i resti dei caduti e “la Monumentalità” raggiunta dal linguaggio architettonico severo e solenne.
Nel contempo questi monumenti avrebbero garantito la tramandazione di una “documentazione storica dell'immane guerra” e la “riconoscenza dell'Italia ai suoi morti divenendo virile scuola per vivi”.
Essi perciò dovevano avere delle caratteristiche comuni: dovevano sorgere su delle alture e nei pressi di stazioni ferroviarie e di strade facilmente percorribili e utilizzare un linguaggio architettonico fatto di “linee maestose senza frastagliamenti e cincischiature” che dovevano ispirarsi ad un linguaggio antico.
Grazie al linguaggio utilizzato, espressione di italianità, questi luoghi enormi avevano la funzione di educare al culto della nazione la massa che avrebbe fatto, come dovere di bravi cittadini, dei veri e propri pellegrinaggi per rendere omaggio alla memoria dei caduti e che sarebbe stata spinta dal sacrificio eroico a “sempre più amare quella Patria che Essi [i caduti] ci hanno lasciato più grande”.
Dal 1931, conclusasi la costruzione di monumenti di iniziativa locale, lo Stato fece entrare in vigore una legge che istituzionalizzava il suo intervento facendo proprie le direttive del piano Faracovi. Inoltre essa ufficializzava la carica di “commissario generale straordinario per la sistemazione di tutti i cimiteri di guerra nel regno e all'estero” dotata di un maggior potere decisionale e sottoposta solo al capo del governo per il quale venne nominato Ugo Cei nel febbraio del 1935.
Il governo decise quindi di intervenire nell'area di Redipuglia, uno dei fronti dove si combattè la Grande Guerra.
Si voleva trasformare la zona dove sorgeva il cimitero, che poco si adattava alle direttive del piano Faracovi, in un ossario. Il cimitero originario, situato sul colle Sant'Elia, era caratterizzato da un “particolare effetto scenografico, determinato dalla presenza di numerosi cimeli di guerra raccolti sui campi di battaglia e dall'impianto di sette settori a gironi concentrici che portavano ad una cappella votiva “sormontata dall'obelisco della fede con quattro croci e un faro”.
Il progetto del cimitero, realizzato da Ghino Venturi e da Pietro del Fabbro, per la sua trasformazione in ossario riprendeva la disposizione a gironi enfatizzata da murature grezze a bugnato in pietra carsica.
Ma l'insoddisfazione di Cei, benchè le opere fossero già state appaltate, fece ordinare la sospensione dei lavori. Inizialmente interpellati come consulenti, Greppi e Castiglioni3, non nuovi al tema della celebrazione dei caduti4, avrebbero poi ottenuto l'incarico di procedere ad una nuova stesura del progetto.
Il primo bozzetto lasciava inalterato l'assetto planimetrico ma agiva sull'accesso, risolto attraverso un sistema di scalinature rettilinee e curve, e sulla nuova disposizione della tomba del duca d'Aosta, posta su una gradinata, e dei suoi generali poste lungo l'asse longitudinale.
Nel settembre del 1935 Cei, informato sulle pessime condizioni del cimitero di Redipuglia, conferì con Mussolini per sottoporgli tre alternative: non intervenire, ricostruire il cimitero ex novo su quello preesistente, o variarne l'ubicazione.

Il dittatore, confessato che il cimitero gli era sempre apparso come “un grande deposito di ferro vecchio”, decise di scegliere un nuovo sito: sul versante occidentale del monte Sei Busi, luogo di battaglia, di fronte al vecchio cimitero che diventò poi parco della rimembranza.
Il nuovo luogo avrebbe rafforzato il suo significato simbolico e stimolato l'esaltazione, ma avrebbe anche sostituito un luogo che suscitava sentimentalismi e la commozione dei visitatori per i cimeli bellici, reminiscenze di vita di trincea.
Con la volontà di realizzare un monumento che fosse “grandiosissimo, semplice, austero e duraturo”, il progetto venne sottoposto e approvato dal duce nel dicembre del 1935 e poi avviate le trattative per l'acquisizione del terreno.
Cei senza attendere l'approvazione del ministero fece iniziare il cantiere che già nel 1936 era già a stato avanzato.
L'impianto planimetrico del monumento è di semplicità estrema: ventidue gradoni si poggiano al declivio del colle.

Lungo il monumento, preceduto da un vasto piazzale caratterizzato nel centro dalla via eroica in pendenza, sono infisse nella pavimentazione 38 lapidi in bronzo sulle quali sono incise i nomi delle battaglie che avevano segnato le fasi della guerra sul Carso.
A conclusione del percorso, elevata dal piazzale, è collocata la tomba del Duca preceduta da un semplice altare in pietra sotto al quale si sviluppa la cripta alla quale si accede mediante una scala.
Nella parte retrostante al sepolcro vi sono cinque monoliti contenenti le urne dei suoi generali in modo da non ricordare solo i caduti, ma un capo coi suoi soldati “associando all'immagine del sacrificio quella dell'ordine gerarchico”.
Alla sommità del complesso tre croci segnano la presenza della cappella votiva dietro la quale si trova un basso torrione circolare adibito a osservatorio. La cappella, a pianta rettangolare, con deambulatorio, presenta 3 navate scandite dall'alternanza di pilastri. La struttura interna è rivestita in marmo nero con copertura a volta ribassata realizzata in mosaico dorato. L'ingresso, caratterizzato da strombature, è risolto come i fronti delle due tombe che lo fiancheggiano; la soluzione sembra rievocare elementi tipici dell'architettura militare.
'L'intero complesso per la volontà di attribuire monumentalità è impostato secondo un uso sapiente e illusionistico della prospettiva: la gradonata si assottiglia andando verso l'alto seguendo l'andamento delle linee di fuga.5'
Ciascun gradone di pietra bianca carsica contenente le salme dei caduti presenta nella parete verticale una lastra bronzea su cui sono incisi i nomi dei soldati, il loro grado e le ricompense al valore militare.

La scritta “presente” sulla fascia marcapiano è ripetuta in modo esasperante6: essa richiama il rito fascista dell'appello. Era un momento centrale della cerimonia funebre di coloro che si erano distinti nella rivoluzione e nella vita nazionale, durante la quale il capo delle squadre d'azione pronunciava il nome del defunto e i partecipante rispondevano “presente”, “rinsaldando il legame tra vivi e morti”.
L'identificazione tra eroi di guerra e martiri fascisti è definitivamente compiuta: col riproporre il rito, si recuperava all'attualità del fascismo il sacrificio dei soldati.”
Le salme dei militi ignoti invece sono raccolte in due grandi tombe comuni poste ai lati della cappella. Il suo accesso è collocato ad un livello ancora più basso rispetto al piano di calpestio dell'ultimo gradone e il vano si sviluppa a una quota ancora inferiore.
Il percorso architettonico imposto al visitatore ha una valenza simbolica: è connesso all'ideologia messa in atto dal regime che concepiva il monumento non più “come simbolo in sé, ma [...] piuttosto [come] la cornice del simbolo, perchè il simbolo diventa la massa che le occupa nelle occasioni rituali”.
La massa per il fascismo è un monumento mobile e dinamico che esprime, con la [...] forma che gli ha impresso la pedagogia totalitaria, a legittimazione del potere e la rivelazione dei suoi valori e le sue credenze.”
Il complesso venne inaugurato da Mussolini il 19 settembre 1938, nell'anno del ventennale della vittoria, con l'accompagnamento del duca di Spoleto, Aimone di Savoia, Greppi, Castiglioni e Cei.
Mussolini dirà che il monumento è “un'opera grandiosa, veramente romana, che educherà generazioni e generazioni”.
Redipuglia, definito da G.E. Kidder Smith “il più bel monumento italiano ai caduti della prima guerra mondiale”, costituisce infatti una “tappa d'arrivo nella realizzazione degli spazi sacri destinati al culto dei caduti ed è l'opera più compiuta di appropriazione della memoria della grande guerra attuata dal fascismo.”7


1  Anna Maria Fiore, La monumentalizzazione dei luoghi teatro della Grande Guerra: il sacrario di Redipuglia di Giovanni Greppi e Giannino Castiglioni (1933-1941), in “Annali di Architettura”, a. XV, 2003, pp. 233
2 Ibid.
3 Ibid.
4 Ibid.
5 Id. pp. 235
6 Id. pp. 239
7 Ibid. pp. 242


Bibliografia
Anna Maria Fiore, La monumentalizzazione dei luoghi teatro della Grande Guerra: il sacrario di Redipuglia di Giovanni Greppi e Giannino Castiglioni (1933-1941), in “Annali di Architettura”, a. XV, 2003, pp. 233-246





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